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Mourinho e i nemici, il racconto di una stagione incredibile. Le sfide decisive e il vento contrario. Sartre e i calamari. L’invidia dei gufi, Palazzi a bordo campo, il calcio di Totti, il Grande Slam, il delirio, l’addio.

martedì 1 giugno 2010

Il contesto

Per capire il delirio bisogna capire il contesto. Vincere fa sempre piacere, ma vincere tutte le competizioni in una stagione è l’esperienza più esaltante che un tifoso possa sperare di vivere.
E tuttavia questo non basterebbe ancora a giustificare l’impazzimento della folla nerazzurra. Il vero gusto di queste vittorie è il sapore dell’atto eroico, smisurato, disumano, estremo; molto di più di un fatto sportivo, un risultato ottenuto oltre ogni umana possibilità e ogni ragionevole aspettativa. Queste vittorie sono rese esaltanti dalla forze formidabili che hanno cercato di fare in modo, a tutti i costi, che l’Inter non vincesse.
Gino & Michele sono due umoristi affermati, ma tornati da Madrid, intervistati da Luigi Bolognini di Repubblica, fanno considerazioni molto serie: “Non avremmo mai pensato di assistere a una festa così grande e prolungata. Ci ha molto sorpreso, perchè il tifoso interista ha fama di essere (..) tranquillo, relativamente calmo. [Tra le cause] le tensioni di tutta una stagione. Riguardavano altre competizioni, ma ci sono state, e forti, c’era un’aria come se si volesse far vincere la Roma”, “Sembrava che il discorso fosse: ok, vincerà l’Inter, ma ingiustamente”, “[Mourinho] fa bene ad andarsene, e proprio per i motivi di cui sopra: c’è troppa tensione in Italia, troppe ripicche (..)”.
Non occorre qui ricordare calciopoli, ma anche negli ultimi anni il vento contrario, i nemici (così li ha definiti Mourinho), il sistema calcio in Italia, i media, la cultura, la politica (basta leggere alcuni cronache parlamentari scritte subito dopo Lazio-Inter), un’intera nazione, hanno tifato contro, sperato contro, lavorato contro.
A che serve Mourinho? A cosa serve pagarlo 11 milioni netti (22 lordi) l'anno? Sono soldi ben spesi quelli per il Vate portoghese, se poi producono solo conferenze stampa effervescenti (naturali?) o polemiche sollevate ad arte se deve fare lezioni su regolamenti che non conosce o lezioni di vita al suo Balotelli, trattato proprio da zio Josè come un bullo? Non lo si paga tanto, invece, per procedere alla trasformazione eugenetica dell'Inter? Ovvero per l'attraversamento del deserto da Ibra-dipendenti a Ibra-indipendenti, con soddisfazioni europee? (..)
I due anni di Champions di Mourinho con l'Inter, in particolare quelli dei gironi, sono non degni della storia dell'Inter, che non vince una Champions da 45 anni ma che con Cuper di recente era arrivata con maggiori squilli di tromba almeno alla semifinale. E allora torniamo al quesito: ma serve proprio 'sto Mourinho? [Alvaro Moretti, TuttoSport, 25 Novembre 2009]

Questa è la vera causa dell’abbandono, triste ma dolcissimo, di Mourinho (“Non sono felice nel calcio italiano. Perché non mi piace e perché io non piaccio al calcio italiano", “Resterò sempre interista”, “Quest’anno ho vissuto cose del calcio italiano che non mi sono piaciute”). Josè si aspettava di misurarsi contro altre squadre di calcio, invece si è trovato un intero paese da sconfiggere. Lui lo ha sconfitto, l’Italia ha perso, l’Inter ha vinto: un’impresa così, che poco ha a che vedere con lo sport, ha senso solo resta unica. Mourinho deve andare, non ha scelta.
Quando in futuro si utilizzerà l’espressione “l’Inter di Mourinho”, si farà riferimento ad una squadra epica, che ha vinto l’impossibile, ma che soprattutto, unica nella storia, non ha perso mai.
Una scena toccante quella ripresa dalle telecamere della Tv spagnola dopo la vittoria della Champions League da parte dell’Inter. L’allenatore Josè Mourinho saluta da lontano il giocatore Materazzi e sale in macchina, poi però ci ripensa e fa fermare l’auto. I due si abbracciano lasciandosi andare a lacrime amare.
Materazzi ha poi spiegato alla Gazzetta dello Sport quello che gli ha detto Mourinho prima di entrare in campo negli ultimi due minuti della partita: “Eri nella puta finale del Mondiale e ora sei in campo qui a Madrid” ha detto l’allenatore. Il giocatore ha aggiunto: “Ci siamo parlati prima che io entrassi. Con la maglia in bocca gli ho detto ‘Resta, nessuno ti amerà come qui’, lui piangendo ha detto ‘Devo andare’, poi per fortuna che sono entrato altrimenti avrei pianto anche io. Dopo la partita ci siamo abbracciati piangendo insieme e senza dire una parola”. [Alberto Cassina, voceditalia.it, 26 Maggio 2010]


L’addio del portoghese è un prezzo che i tifosi dell’Inter pagano volentieri, in cambio di un trionfo che, anche per come è stato ottenuto, contro tutto e contro tutti, non potrà mai essere avvicinato da nessuno.

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